Chi è il D.I.T.?

Chi è il D.I.T.?

Pubblichiamo volentieri uno stralcio dell’intervista fatta al nostro amico Francesco Giardiello, uno dei più quotati DIT (fra gli altri film ‘THOR – THE DARK WORLD’) apparsa sulla rivista Tutto Digitale (ringraziamo per questo il direttore Stefano Belli).
A beneficio dei profani, vuoi spiegare in breve in che cosa consiste la professione del DIT, Digital Imaging Technician? E quale è la differenza principale con il Data Manager?
Il DIT è, a mio avviso, un supervisore di tutti i processi legati all’elaborazione delle immagini digitali, dalla fase di pre-produzione, fino all’inizio della post-produzione. L’espressione del lavoro del DIT è il suo workflow, un documento in cui si sviluppano nel dettaglio tutti i passaggi tecnici con cui si intende elaborare il girato (inteso sia come immagini digitali che come dati informatici) di un determinato progetto cinematografico.
Sul set, il compito del DIT è quello di accertarsi che tutto venga fatto al fine di soddisfare i requisiti dettati dal suo workflow: le macchine da presa devono essere impostate con coscienza, i reparti tecnici devono ottemperare a determinate richieste e la post-produzione deve poter lavorare come d’accordo per “sviluppare” (processare) il girato nel migliore dei modi. Il Data Manager è una professione molto più specializzata: i files generati dalle macchine da presa digitali devono essere immagazzinati secondo determinati principi (dettati dal Workflow del DIT), che non possono e non devono mai essere violati.
Il Data Manager, quindi, è colui che mette in sicurezza il materiale girato, crea i report di tracciabilità dello stesso, assicurandosi che arrivi a destinazione inviolato e perfettamente in linea con le richieste della post-produzione. Da questi due principi partono le differenze tra il DIT e il DM, che – a seconda dei casi particolari- si possono ampliare o assottigliare. Ci sono DIT che curano anche la “color pipeline”, ossia i processi con cui le immagini vengono elaborate per raggiungere una certa qualità colorimetrica) e DATA che impostano le macchine da presa, preoccupandosi che la naming convention utilizzata rispetti determinati canoni….tutto dipende da come è organizzato un workflow. Purtroppo, molti vedono il DIT come colui che imposta le macchine da presa, o che scarica il girato, perdendo di vista il suo ruolo più importante: l’organizzazione.

Hai appena 26 anni, ma un’esperienza maturata su importanti serie televisive italiane ed internazionali, film e kolossal hollywodiani, nonché un grande futuro davanti a te. Quale è il segreto del tuo successo? Quali i consigli che potresti dare a chi, come te, vorrebbe lanciarsi in questa esaltante – ma faticosa – avventura?
È un’esaltante ma faticosa avventura, è vero. C’è poco che io possa consigliare se non studiare tanto e sempre. Il mondo della cinematografia digitale è in costante mutamento: qualcosa di moderno oggi, diventerà obsoleto nei prossimi sei/otto mesi. Un po’ come l’informatica, bisogna stare attenti a cosa i vari vendors tirano fuori. Io cerco di aggiornarmi quotidianamente, parlando con chi mi sta intorno, leggendo news on line e approfondendo con (poche) autorevoli riviste, chiamando gli sviluppatori dei prodotti stessi . Inoltre, per fare questo lavoro, bisogna interfacciarsi con persone poco avvezze alla “terminologia digitale”; un bravo DIT è anche colui che sa “tradurre” vecchie abitudini in nuovi e tecnologici processi, lasciando che i tecnici attorno a sé lavorino come hanno sempre fatto.

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