THE GAFFER: who is that?
John Higgins (nella foto con R. Deakinks sul set di ‘Skyfall’) è uno dei più apprezzati gaffer del mondo del cinema. Il gaffer corrisponde più o meno al capo elettricista nostrano…sarebbe più opportuno dire che è un supercapo elettricista delle crew UK e USA (negli end credits anglosassoni spesso troviamo CLT – Chief Lighting Technician). Oltre ad essere il capo-squadra dell’electrical department, il gaffer è un vero e proprio consulente del DoP in materia di mezzi tecnici da usare e per le soluzioni più appropriate da adottare per un set o una location. Spesso, su delega del DoP, si preoccupa di fare il pre-lighting usando l’esposimetro per gli illuminamenti da ottenere .
Come gaffer, ha lavorato a fianco dei Cinematographer più quotati: Emmanuel Lubezki, Philippe Rousselot, Roger Deakins e Oliver Wood.
Nella sua filmografia troviamo film come:
‘Gravity’, ‘Thor: the Dark World’, ‘The Bourne Ultimatum’, ‘Children of Men’, ‘Captain America: The First Avenger’, ‘Mamma Mia’, ‘Charlie and the Chocolate’, ‘Le cinquième élément’, ‘Finding Neverland’, ‘Skyfall’ e molti altri.
Le sue conoscenze tecniche e la sue capacità creative sono state messe alla prova durante tutta la sua illustre carriera.
Quando ha iniziato nel 1984 ha lavorato con il grande direttore della fotografia inglese Roger Deakins (‘Nineteen Eighty-Four’, ‘Defence of the Realm’, ‘Sid & Nancy’, Personal services’ ‘Stormy Monday’).
L’anno scorso ha lavorato con Emmanuel Lubezki in ‘Gravity’, film con cui il ‘Chivo’, così è soprannominato il cinematographer messicano, ha vinto l’oscar Best Cinematography nel 2014.
Di seguito la traduzione che abbiamo fatto dell’intervista che John Higgins ha rillasciato al sito thecallsheet.co.uk
Congratulazioni per l’Oscar di ‘Gravity’. Nella tua ultima intervista, eri ancora sotto NDA sul film (Non Disclosure Agreement – accordo di non divulgazione; è una forma contrattuale che impegna il firmatario a non rilevare nulla circa il progetto in cui è coinvolto – ndt). Ora sappiamo un po’ di più su come è stato realizzato il film. Ci può dire qualcosa in merito al processo di illuminazione di ‘Gravity’?
Ci sono stati diversi processi di illuminazione.
Nella ‘light box’ (scatola di luce, una delle soluzione fotografiche per le parti del film ambientante fuori dalla navicella – ndt) abbiamo usato una luce spot in movimento (Robin 600; un corpo illuminante con lampada Metal Halide ad alta pressione dotata di sistema ottico per variare l’angolo di beam ai 2° ai 60° – ndt) montata su testa remotata. Il movimento veniva controllato dall’esperto operatore di macchina Peter Taylor. Questo permetteva di ottenere l’effetto della luce solare molte forte. In alcuni degli interni della navicella abbiamo utilizzato dei grandi telai di diffusione per restituire l’effetto della luce proveniente dalla Terra, con filtri blu e verdi fissati ai telai di diffusione.
Abbiamo parlato con molte persone di Gravity e hanno dichiarato quanto fosse diverso da qualsiasi altro progetto. Avevi mai lavorato a qualcosa di simile prima?
No, non avevo mai lavorato a qualcosa di lontanamente simile a questo progetto. Ero molto interessato e raggiungere il risultato che il Chivo aveva immaginato ed è stata una sfida.
Cosa hai fatto dopo ‘Gravity’?
Prima di ‘Gravity’ ho lavorato su ‘Thor: the dark world’ e poi o fatto ‘Skyfall’.
Skyfall è stato nominato Best Cinematography agli Oscar 2013. Hai lavorato con Roger Deakins che, insieme a Lubezki, è riconosciuto come il miglior direttore della fotografia del mondo. Insieme a Deakins, come hai fatto a creare il look per l’ultimo Bond, in particolare le riprese a Londra?
Roger ha una visione molto precisa delle sue esigenze e del look che vuole. Abbiamo fatto alcune prove e ci siamo avvicinati alle idee che volevamo e da lì siamo partiti. Mi ha detto quali erano le sue idee ed è stato facile con le sue indicazioni mettere a punto un piano. Ho fatto 14 o 15 film con Roger in passato, so quanto è accurata la sua preparazione. Questo facilita molto il lavoro. E’ fantastico avere una guida che ti comunichi il suo pensiero e le sue idee. E’ stato lui che mi ha dato la possibilità di fare il gaffer nel film ‘1984’, un film tecnicamente impegnativo e una grande esperienza di apprendimento per me.
Puoi dirci come hai iniziato e da dove viene il tuo soprannome ‘Biggles’?
Lavoravo per una compagnia petrolifera sulle piattaforme nel Mare del Nord e per un paio di mesi lasciai. Vidi un annuncio di lavoro per elettricisti per un piccolo studio cinematografico. Feci un colloquio, mi diedero il lavoro e non tornai più a lavorare sulle piattaforme petrolifere. Il mio soprannome deriva dal fatto che ho dei lunghi baffi e viene dalla serie di libri Biggles scritti dal capitano Willliam Earl Johns che per anni erano i miei preferiti quando andavo a scuola.
La tecnologia ha trasformato il processo di realizzazione di un film. Cosa è cambiato da quando hai iniziato, soprattutto rispetto all’illuminazione?
Credo che uno dei più grossi cambiamenti sia stato il progresso in elettronica e l’uso del computer. Lo standard di controllo disponibile oggi che ti permette di avere il dimming (dimming deriva dall’uso della DMX, un protocollo di connessione che permette di interfacciare un banco luci computerizzato collegato ad un variatore di corrente elettrica per impostare diversi effetti luce nel tempo – ndt), la tecnologia LED e il movimento delle luci è fantastico.
Si tratta di un processo in continua evoluzione ed è un aspetto molto interessante di quello che facciamo. Anche le camere digitali di adesso a 800 ASA che producono immagini stupefacenti è un altro enorme salto della tecnologia. Penso che ogni studio cinematografico è in grado di avere il parco lampade controllato dal computer e anche negli esterni notte ci si affida al dimming computerizzato.
Nel corso degli ultimi 15 anni, sei stato coinvolto in alcuni dei più grandi film realizzati nel Regno Unito. Il modello è il primo film di Harry Potter (2001). Come hai affrontato l’illuminazione e la tavolozza di colori per questi enormi set?
Ho sempre avuto le indicazioni dal direttore della fotografia con cui lavoro e ho avuto la fortuna di aver lavorato con alcuni dei più grandi DoP nel mondo. Spesso hanno un approccio estremamente diverso per illuminare un set o una location e questo è uno degli aspetti di quello che faccio, che rende il lavoro così interessante. L’approccio deve essere sempre lo stesso: ascoltare le indicazioni e selezionare le idee per scegliere i mezzi tecnici più appropriati per realizzare il lavoro. Fare delle prove è fondamentale e a volte quello che nella teoria ti sembra giusto nella pratica non lo è. Non smetterò mai di dire quanto sia importante fare delle prove.
‘Mamma Mia’ è stato girato in Grecia e presso i Pinewood Studios. Come hai fatto ad avere la stessa luce naturale in Grecia, quando giravi a Pinewood?
Abbiamo fatto dei sopralluoghi in Grecia prima e abbiamo confrontato la luce del sole bruciante dell’ isola greca. Haris Zambarloukas (DoP di ‘Mamma Mia’ – ndt) ha avuto l’idea di usare i Mole-Beams da 20 KW (corpi illuminanti al tungsteno 3200° Kelvin pensati per generare un fascio di luce molto brillante e concentrato – ndt) e di integrare questi corpi illuminanti con altri unità ad alto wattaggio. Abbiamo affittato ogni Mole-Beam disponibile nel Regno Unito e il risultato è stato un lavoro molto buono. Tutte queste luci erano controllate da una DMX.
In ‘The Bourne Ultimatum’, bisognava illuminare la stazione di Waterloo, mentre era aperta al pubblico, e una sequenza di inseguimento lungo le strade del Marocco. Come hai affrontato queste difficili situazioni?
Quando Oliver Wood e io abbiamo visitato la stazione di Waterloo ci siamo resi conto di quanto è sbalorditiva la massa di persone che attraversa questa stazione durante la giornata. Di conseguenza, le considerazioni sulla sicurezza sono state tante. Le nostre ore di ripresa erano strettamente regolate. Non ci hanno dato il permesso di girare la mattina entro le ore 10.00 e dovevamo finire entro le 16.00. Abbiamo preso in considerazione molte opzioni di illuminazione balloon light 18 KW (ballon light: sono dei palloni gonfiati ad elio con dentro lampade ad alto wattaggio sia a 3200° che a 5600° Kelvin – ndt), impianti HMI ecc…
Così Oliver ha visitato e rivisitato la stazione, ha fatto un sacco di fotografie in vari momenti della giornata dalla finestra dove sarebbe stata messa la macchina e ha deciso che la qualità della luce era sufficiente e che bisognava solo calibrarla. Non ci era permesso di stendere nessun cavo per cui la soluzione era quella di avere dei carrelli con le batterie e il ballast per i Kino-Flo e i Wall-O-Lite (Wall-O-Lite, sono bank da 10 tubi a luce fluorescente – ndt) o per piccole unità HMI. Questi sono stati tenuti di taglio e gommati in unità indipendenti come richiesto. Poi abbiamo messo le bandiere per lavorare sul riempimento negativo (è un modo di dire quando in esterni è necessario impedire al sole di colpire la scena – ndt). Così abbiamo fatto per Waterloo.
Tangeri era completamente diversa. La Medina diventa così affollata durante il giorno che l’unica possibilità per noi era quella di preparare il set il prima possibile e avere l’attrezzatura sul luogo il giorno prima delle riprese.
Abbiamo iniziato alle prime luci dell’alba e questo era il momento più tranquillo ed è stato possibile girare i pick-up con una certa facilità fino a quando non si è affollata a metà mattina. Poi ci siamo concentrati sui tagli esterni (quando si prevede di girare una scena solitamente si girano delle inquadrature che coprono il racconto per tutta la sua durata – Master o tagli esterni. Poi si girano le inquadrature più strette – tagli interni e o pick-up, come per esempio i primi piani del personaggio protagonista – per avere più inquadrature da montare in post-produzione – ndt) . E’ stata necessaria una lunga preparazione con il mio elettricista Wayne Leach e con la Location Manager Emma Pill.
Sei stato con Tim Burton in 3 dei suoi film (‘Sleepy Hollow’, ‘Sweeney Todd’ e ‘Charlie and the chocalate factory’), pur avendo lavorato con tre diversi direttori della fotografia. C’è un certo stile di illuminazione e colore che caratterizza i suoi film?
Sono stato molto fortunato ad aver lavorato con Tim Burton in questi film. Avevo lavorato prima con Philippe Rousselot e quindi conoscevo il suo stile e il suo approccio. Con Emmanuel Lubezki e Dariusz Wolski è stata con entrambi la prima volta. E’ semplicemente una questione di tradurre le loro idee in quello che sarà il prodotto finale sia come scelte che come piazzato luci. Non ricordo quali colori siano stati usati in questi film.
Hai lavorato in ‘Children of Men’ di Alfonso Cuaron. Quali scelte di illuminazione sono state fatte per il famoso piano sequenza?
Ci siamo resi conto presto che il modo migliore per affrontare questo film, soprattutto gli esterni notte, era di utilizzare l’illuminazione scenica che appare nel film come fonte di illuminazione principale. Abbiamo modificato le lampade esistenti per avere potenze più elevate e tutto era controllato da una DMX. Gli esterni giorno, nel complesso, sono stati realizzati con grandi riflessi (Ultra-Bounce 20 x 12, sono dei telai di solito 6 x 6 metri bianchi – ndt) o con riempimento negativo.
Ti sei ritrovato con Alfonso Cuaron l’anno scorso mentre lavorate su ‘Gravity’, che dovrebbe essere distribuito nel 2013. Ci sono voci che ‘Gravity’ è un modo assolutamente nuovo di fare cinema. Ci puoi dire qualcosa al riguardo?
Ho firmato un NDA (Non Disclosure Agreement) con la produzione e il film è ancora in fase di post-produzione e non posso parlare. Devo dire che prima di ‘Gravity’ non avevo mai lavorato su un progetto come questo. E’ stato tutto molto veloce e molto sperimentale. Ho imparato molto sull’uso di schermi a LED ad alta definizione. Sono abbastanza sorpreso e mi hanno aiutato molto con ‘Skyfall’, dove un set richiedeva molti di questi schermi led.
Nel corso della tua carriera, hai lavorato su alcuni dei più grandi film, con i più grandi registi. Senti qualche pressione considerando la portata del progetto e il pubblico di tutto il mondo?
Penso sia naturale sentire lo stress e la pressione. Le implicazioni finanziarie di un progetto mal costruito o una svista importante sono enormi. Credo che il segreto per portare a termine con successo un progetto sia la pianificazione. La pressione non diminuisce se si sta facendo un progetto a basso budget; la responsabilità è la stessa.
Che consigli daresti ad un giovane direttore dellafotografia o gaffer che sono all’inizio della loro carriera?
Direi di sapere il più possibile sulle attrezzature disponibili. Ci sono vari modi per farlo. Le fiere in tal senso sono fantastiche, la maggior parte delle attrezzature è sotto un unico tetto e può essere una giornata ben spesa. Internet è un’altra grande fonte di articoli e le società di noleggio sono molto ben disposte con dimostrazioni e consigli tecnici. Un altro consiglio è quello di avvalersi dei migliori collaboratori. La scelta della troupe è molto importante e questo scelte poi si riversano su di voi nel bene e nel male. I collaboratori dovrebbero essere incoraggiati ad assumersi delle responsabilità e sentirsi parte del processo di produzione cinematografica. Ho dato ben due consigli!!
Tra la varie attrezzature che avete a disposizione a quale non potresti rinunciare?
Credo che l’unico elemento essenziale per tutto il nostro lavoro sia un computer.
Qual è la ripresa o la sequenza di cui sei più orgoglioso?
Ce ne sono diverse. Due che mi vengono in mente sono la sequenza notturna con tanta gente in ‘1984’ con gli schermi in background e la sequenza della nascita in ‘Children of men’.
Se potessi cambiare una cosa del cinema, cosa faresti?
L’unica cosa sarebbe quella di non dover lavorare così tante ore, ma l’orario di lavoro nel nostro settore è sempre stato lo stesso.
Che fai nel tempo libero?
Mi piace viaggiare, leggere e riposare.
Se potessi lavorare con qualcuno con cui non hai mai lavorato vivo o morto chi sceglieresti?
Gregg Toland (DoP, fra gli altri film, di ‘Citizen Kane’ – ndt).